Antropologia

Oh sfortunata generazione
piangerai, ma di lacrime senza vita
perché forse non saprai neanche riandare
a ciò che non avendo avuto non hai neanche perduto

Pasolini, La poesia della tradizione, 1971

C’è stata una certa illusione alcuni anni fa — una delle tante stupide illusioni di alcuni anni fa – che la «razza» umana — appunto attraverso la scienza medica e il miglior nutrimento – migliorasse: che i ragazzi fossero più forti, più alti ecc. Breve illusione. La nuova  generazione è infinitamente più debole, brutta, triste, pallida, malata di tutte le precedenti generazioni che si ricordino.

Pasolini, estratto dal “trattatello pedagogico” (Gennariello), 27 marzo 1975

Consumiamo ogni giorno senza pensare, senza accorgerci che il consumo sta consumando noi e la sostanza del nostro desiderio. È una guerra silenziosa e la stiamo perdendo.

Zygmunt Bauman, “Consumo dunque sono” (2008)

Rispetto ai nostri antenati noi non siamo più felici. Al contrario, siamo alienati, isolati, prosciugati da vite frenetiche e vuote, costretti a prendere parte a una competizione grottesca per la visibilità e lo status in una società che vive per il consumo e trasforma tutto in merce.

Zygmunt Bauman, “Consumo dunque sono” (2008)

Una società felice consuma poco. Per indurre a consumare bisogna creare insoddisfazione.

Serge Latouche

Che cos’è infatti che rende attuabili – in concreto nei gesti, nell’esecuzione – le stragi politiche dopo che sono state concepite? È terribilmente ovvio: la mancanza del senso della sacralità della vita degli altri, e la fine di ogni sentimento nella propria. Che cos’è che rende attuabili le atroci imprese di quel fenomeno – in tal senso imponente e decisivo – che è la nuova criminalità? È ancora terribilmente ovvio: il considerare la vita degli altri un nulla e il proprio cuore nient’altro che un muscolo.

Pasolini, “Non aver paura di avere un cuore”, 10 marzo 1975

Non temere la sacralità e i sentimenti, di cui il laicismo consumistico ha privato gli uomini trasformandoli in brutti e stupidi automi adoratori di feticci.

Pasolini, estratto dal “trattatello pedagogico” (Gennariello), 27 marzo 1975

Dire che la vita non è sacra, e che il sentimento è stupido, è fare un immenso favore ai produttori.

Pasolini, “Non aver paura di avere un cuore”, 10 marzo 1975

A tale potere non interessa però una coppia creatrice di prole (proletaria), ma una coppia consumatrice (piccolo borghese): in pectore, esso ha già dunque l’idea della legalizzazione dell’aborto (come aveva già l’idea della ratificazione del divorzio).

Pasolini, “Sono contro l’aborto”, 19 gennaio 1975

La famiglia è attaccata per far sì che l’uomo sia più solo, e non abbia tradizioni in modo che non veicoli responsabilmente qualcosa che possa esser scomodo per il potere o che non nasca dal potere. La seconda ragione, più profonda, è questa: che distruggendo la famiglia si attacca l’ultimo e più forte baluardo che resiste naturalmente alla concezione culturale che il potere introduce, di cui il potere è funzione: vale a dire, intendere la realtà atomisticamente, materialisticamente, una realtà in cui il bene sia l’istinto o il piacere, o meglio ancora il calcolo.

Luigi Giussani

Il mondo sta precipitando, credo che sia in mano a forze demoniache, denaro, droga, vizi, consumo dell’amore come fosse carta straccia; l’amore vero fa gelare il sangue, e invece oggi viene consumato in fretta senza sentirne il sapore. Per non parlare poi dell’amore verso i figli, il commercio dei bambini, ecc… ai miei tempi certe cose non accadevano, c’era la guerra, la povertà, ma non siamo morti; eravamo, in un certo senso, felici; si ubbidiva al padre, alla madre, c’era la “sudditanza” che oggi non c’è più. Oggi i genitori sembrano assatanati, vogliono i loro figli al potere, alla gloria e alla fine li rovinano. 

Alda Merini, dall’intervista “Una scocciatura”

I preti sono, meglio di tutti, coloro che vedono, con profondo pessimismo, il mondo come è: non c’è nessuno più abile e acuto di loro nel cogliere lo status quo e nel formalizzarlo. Rileggiti quell’opus grandioso del più puro pragmatismo (in cui Dio non viene neanche nominato se non nelle formule) che sono le sentenze della Sacra Rota.

Pasolini, “Sacer”, in risposta ad Alberto Moravia, 30 gennaio 1975

Liberalizzazione (e cioè repressione) sessuale

Oggi la libertà sessuale della maggioranza è in realtà una convenzione, un obbligo, un dovere sociale, un’ansia sociale, una caratteristica irrinunciabile della qualità della vita del consumatore.

Pasolini, “Sono contro l’aborto”, 19 gennaio 1975

E poi impone una precocità nevrotizzante. Bambini e bambine appena puberi – dentro lo spazio obbligato della permissività che rende la normalità parossistica – hanno un’esperienza del sesso che toglie loro ogni tensione nello stesso campo sessuale, e, negli altri campi, ogni possibilità di sublimazione.

Pasolini, “Non aver paura di avere un cuore”, 10 marzo 1975

Mi pento dell’influenza liberalizzatrice che i miei film eventualmente possono aver
avuto nel costume sessuale della società italiana. Essi hanno contribuito, infatti, in pratica, a una falsa liberalizzazione, voluta in realtà dal nuovo riformatore permissivo, che è poi il potere più fascista che la storia ricordi. […] L’ansia conformisti­ca di essere sessualmente liberi, trasforma i giovani in miseri erotomani nevrotici, eternamente insoddisfatti (appunto perché la loro libertà sessuale è ricevuta, non conquistata) e perciò infelici.

Pasolini in “Saggi sulla politica e sulla società”

Siamo di fronte a un nuovo modello di umanità – non sono certo io a dirlo – che ha rinunciato alla sublimazione e alla consapevole riappropriazione delle motivazioni inconsce del nostro agire, lasciandosi andare alla soddisfazione di un qualsivoglia stimolo, evitando di lasciarsi coinvolgere integralmente. In questo senso l’amore non è più di moda, perché troppo impegnativo e richiedente la lunga durata. Questa convinzione, in passato attribuita quasi esclusivamente agli individui di sesso maschile, è diventata oggi una rivendicazione dello stesso genere femminile, che vede in tale atteggiamento una conquista e una forma di emancipazione.

Alessandra Ciattini, dall’articolo “L’ingannevole abbaglio della libertà sessuale” su La città futura (2017)

Il popolo può essere anche casto, e con­durre una vita monacale. Ma – almeno fino a pochi anni fa – non era diviso dal proprio sesso. La morale dell’onore, nel meridione, non avviliva o rimuoveva il sesso: anzi, lo esaltava. I tabù creavano ostacoli, non dissociazioni.

Pasolini, Saggi sulla politica e sulla società

La società preconsumistica aveva bisogno di uomini forti, e dunque casti. La società consumistica ha invece bisogno di uomini deboli, e perciò lussuriosi.

Pasolini, “Soggetto per un film su una guardia di PS”, 7 agosto 1975

Sembra che tale desublimazione repressiva operi davvero nella sfera sessuale, ed alla pari di quanto avviene nella desublimazione dell’alta cultura essa opera qui come sottoprodotto dei controlli sociali attivati dalla realtà tecnologica, che diffonde la libertà mentre intensifica il dominio. […] È vero, questo romantico mondo pretecnico era intriso di miseria, fatica e sudiciume, che a lor volta costituivano lo sfondo di ogni gioia e piacere. Tuttavia esisteva un «orizzonte», un medium di esperienza libidinale che oggi non esiste più. Con la sua scomparsa, tutta una dimensione di attività e passività umana è stata deerotizzata. […] Il risultato è una localizzazione e contrazione della libido, la riduzione della sfera erotica all’esperienza ed alla soddisfazione sessuali.

Marcuse, “L’uomo a una dimensione” (1964)

Potere

Nessun centralismo fascista è riuscito a fare ciò che ha fatto il centralismo della civiltà dei consumi. Il fascismo proponeva un modello, reazionario e monumentale, che però restava lettera morta. Le varie culture particolari (contadine, sottoproletarie, operaie) continuavano imperturbabili a uniformarsi ai loro antichi modelli: la repressione si limitava ad ottenere la loro adesione a parole. Oggi, al contrario, l’adesione ai modelli imposti dal Centro, è totale e incondizionata. I modelli culturali reali sono rinnegati. L’abiura è compiuta. Si può dunque affermare che la «tolleranza» della ideologia edonistica voluta dal nuovo potere, è la peggiore delle repressioni della storia umana.

Pasolini, “Sfida ai dirigenti della televisione”, 9 dicembre 1973

Il Potere si accinge di fatto ad assumere gli intellettuali progressisti come propri chierici. Ed essi hanno già dato a tale invisibile potere una invisibile adesione intascando una invisibile tessera.  

Pasolini, estratto dall’intervento scritto e mai pronunciato per il congresso del partito radicale del novembre 1975, pochi giorno dopo la sua morte

Come polli d’allevamento, gli italiani hanno subito assorbito la nuova ideologia irreligiosa e antisentimentale del potere: tale è la forza di attrazione e di convinzione della nuova qualità di vita che il potere promette, e tale è, insieme, la forza degli strumenti di comunicazione (specie la televisione) di cui il potere dispone. Come polli d’allevamento, gli italiani hanno indi accettato la nuova sacralità, non nominata, della merce e del suo consumo. In questo contesto, i nostri vecchi argomenti di laici, illuministi, razionalisti, non solo sono spuntati e inutili, ma, anzi, fanno il gioco del potere.

Pasolini, “Non aver paura di avere un cuore”, 10 marzo 1975

Una volta che abbiamo consegnato i nostri sensi e i nostri sistemi nervosi alle manipolazioni di coloro che cercano di trarre profitti prendendo in affitto i nostri occhi, le orecchie e i nervi, in realtà non abbiamo più diritti. Cedere occhi, orecchie e nervi a interessi commerciali è come consegnare il linguaggio comune a un’azienda privata o dare in monopolio a una società l’atmosfera terrestre.

Marshall McLuhan, Gli strumenti del comunicare (1964)

Conformismo

Ognuno in Italia sente l’ansia, degradante, di essere uguale agli altri nel consumare, nell’essere felice, nell’essere libero, perché questo è l’ordine che egli ha inconsciamente ricevuto, e a cui deve obbedire, a patto di sentirsi “diverso”. Mai la diversità è stata una colpa così spaventosa come in questo periodo di tolleranza.

Pasolini, studio sulla rivoluzione antropologica, 11 Luglio 1974

Succede spesso, in questa nostra società, che un uomo (borghese, cattolico, magari tendenzialmente fascista) accorgendosi consapevolmente e inconsapevolmente di tale ansia di conformismo, faccia una scelta decisiva e divenga un progressista, un rivoluzionario, un comunista: ma (molto spesso) a quale scopo? Allo scopo di poter finalmente vivere in pace la sua ansia di conformismo.

Pasolini, Gennariello (trattatello pedagogico in Lettere Luterane), 13 marzo 1975

Viaggio nel passato

È vero che le donne erano ingiustamente tenute in disparte dalla vita, e non solo da giovinette. Ma erano tenute in disparte, ingiustamente, anche loro, come i ragazzi e i poveri. Era la loro grazia e la loro umile volontà di attenersi a un ideale antico e giusto, che le faceva rientrare nel mondo, da protagoniste. Perché cosa aspettavano, quei ragazzi un po’ rozzi, ma retti e gentili, se non il momento di amare una donna? La loro attesa era lunga quanto l’adolescenza – malgrado qualche eccezione ch’era una meravigliosa colpa – ma essi sapevano aspettare con virile pazienza: e quando il loro momento veniva, essi erano maturi, e divenivano giovani amanti o sposi con tutta la luminosa forza di una lunga castità, riempita dalle fedeli amicizie coi loro compagni.

Pasolini, Un po’ di febbre (1973)

C’è un’idea conduttrice sinceramente o insinceramente comune a tutti: l’idea cioè che il male peggiore del mondo sia la povertà e che quindi la cultura delle classi povere deve essere sostituita con la cultura della classe dominante. In altre parole la nostra colpa di padri consisterebbe in questo: nel credere che la storia non sia e non possa essere che la storia borghese.

Pasolini, I giovani infelici

Ormai da molto tempo andavo ripetendo di provare una grande nostalgia per la povertà, mia e altrui, e che ci eravamo sbagliati a credere che la povertà fosse un male. Affermazioni reazionarie, che io tuttavia sapevo di fare da una estrema sinistra non ancora definita e non certo facilmente definibile. Quando il dolore di vedermi circondato da una gente che non riconoscevo più – da una gioventù resa infelice, nevrotica, afasica, ottusa e presuntuosa dalle mille lire di più che il benessere gli aveva improvvisamente infilato in saccoccia – ecco che è arrivata l’austerità, o la povertà obbligatoria; […] come «segno premonitore» del ritorno di una povertà reale, essa non può che rallegrarmi. Dico povertà, non miseria. Son pronto a qualsiasi sacrificio personale, naturalmente. A compensarmi, basterà che sulla faccia della gente torni l’antico modo di sorridere; l’antico rispetto per gli altri che era rispetto per se stessi; la fierezza di essere ciò che la propria cultura «povera» insegnava a essere. Allora si potrà forse ricominciare tutto da capo…

Pasolini, Io faccio il poeta, 11 gennaio 1974

Quelle che amo di più sono le persone che possibilmente non abbiano fatto neanche la quarta elementare, cioè le persone assolutamente semplici. Non lo dico per retorica, ma perché la cultura piccolo borghese, almeno nella mia nazione (ma forse anche in Francia e in Spagna), è qualcosa che porta sempre a delle corruzioni, a delle impurezze. Mentre un analfabeta, uno che abbia fatto i primi anni delle elementari, ha sempre una certa grazia che poi va perduta attraverso la cultura. Poi si ritrova a un altissimo grado di cultura, ma la cultura media è sempre corruttrice.

Pasolini, intervistato da Enzo Biagi (1972)

Secondo me la donna e l’uomo sono destinati a rimanere assolutamente differenti. E contrariamente a molti io credo che sia necessario mantenerle, se non addirittura esaltarle, queste differenze. Perché proprio da questo scontro-incontro, tra un uomo e una donna, che si muove l’universo intero. All’universo non gliene importa niente dei popoli e delle nazioni, l’universo sa soltanto che senza due corpi differenti, e due pensieri differenti, non c’è futuro.

Gaber, “Secondo me la donna”

Intellettuali perduti

Noi intellettuali tendiamo sempre a identificare la «cultura» con la nostra cultura: quindi la morale con la nostra morale e l’ideologia con la nostra ideologia. Questo significa: 1) che non usiamo la parola «cultura» nel senso scientifico. 2) che esprimiamo, con questo, un certo insopprimibile razzismo verso coloro che vivono, appunto, un’altra cultura.

Pasolini, 11 Luglio 1974, intervista a cura di Guido Vergani pubblicata sul “Mondo”.

La maggioranza degli intellettuali laici e democratici italiani si danno grandi arie perché si sentono virilmente «dentro» la storia: accettano realisticamente il suo trasformare le realtà e gli uomini, del tutto convinti che questa «accettazione realistica» sia frutto dell’uso della ragione. Io no, invece. Io non credo in questa storia e in questo progresso. Non è vero che comunque, si vada avanti. Assai spesso sia l’individuo che le società regrediscono o peggiorano. In tal caso la trasformazione non deve essere accettata: la sua «accettazione realistica» è in realtà una colpevole manovra per tranquillizzare la propria coscienza e tirare avanti. È cioè il contrario di un ragionamento, anche se spesso, linguisticamente, ha l’aria di un ragionamento. La regressione e il peggioramento non vanno accettati: magari con indignazione o con rabbia, che, contrariamente all’apparenza, sono, nel caso specifico, atti profondamente razionali. Bisogna avere la forza della critica totale, del rifiuto, della denuncia disperata e inutile. Chi accetta realisticamente una trasformazione che è regresso e degradazione, vuoi dire che non ama chi subisce tale regresso e tale degradazione, cioè gli uomini in carne e ossa che lo circondano. Chi invece protesta con tutta la sua forza, anche sentimentale, contro il regresso e la degradazione, vuoi dire che ama quegli uomini in carne e ossa. Amore che io ho la disgrazia di sentire, e che spero di comunicare anche a te.

Pasolini, estratto dal “trattatello pedagogico” (Gennariello), 27 marzo 1975

Ora, uno dei luoghi comuni, più tipici degli intellettuali di sinistra è la volontà di sconsacrare e (inventiamo la parola) de-sentimentalizzare la vita. […] la polemica contro la sacralità
e contro i sentimenti, da parte degli intellettuali progressisti, che continuano a macinare il vecchio illuminismo quasi che fosse meccanicamente passato alle scienze umane, è inutile. Oppure è utile al potere.

Pasolini, estratto dal “trattatello pedagogico” (Gennariello), 13 marzo 1975