In questo monologo Gaber utilizza il concetto di masturbazione con una duplice finalità:
- per ridimensionare l’esaltazione di questo atto, mettendo in luce il vuoto che lascia e la percezione di amarezza almeno in chi non ha totalmente soffocato desideri più alti
- come metafora per descrivere il modo insano e corrotto di vivere oggi la sessualità, dove il centro dell’attenzione non è più il «tu» tramite il quale si scopre l’«Io», ma se stessi in una sorta di «amore monosessuale», proprio come nella masturbazione.
La conseguenza è «l’assoluta mancanza dei sensi, un erotismo distaccato e distorto».
Testo finale
È fatale come io un attimo dopo pensi subito a tutt’altro.
Anzi, più che pensare è una specie di amarezza.
Non ho mai capito perché io per eccitarmi devo aver bisogno di certe fantasie strane, contorte.
Forse la nostra vita sessuale è irrimediabilmente corrotta.
Spesso anche con una donna è un amore tutto mentale, si va avanti da soli.
Sì, è un amore monosessuale, come la masturbazione; è l’assoluta mancanza dei sensi, è un erotismo distaccato e distorto. È la nostra sessualità: il lirismo degli impotenti.
Non c’è niente da fare: in amore il pensare è niente, il sentire è tutto.
Un corpo… un suono… un odore… una vita…