Il pensiero dominante (Leopardi) – Parafrasi e testo

0
13

Parafrasi

Pensiero dolcissimo, possente,
dominatore della mia mente;
terribile, ma dolce
dono del cielo; compagno
dei miei tristi giorni,
pensiero, che torni così spesso nella mia mente.

Chi non parla della tua
misteriosa natura? Chi non sentì
il suo potere? Eppure ogni volta
il sentimento amoroso si fa sentire,
ed esso stimola la lingua a parlare
e sembra nuovo per chi ascolta ciò che esso dice.

La mia mente si è fatta vuota
da quando tu (pensiero di Fanny) domini
e stai da solo in mezzo ad essa.
Gli altri pensieri si dileguarono
tutti di un tratto.
E tu sei rimasto solo, gigante,
in mezzo ad essa, come una torre
in un solitario terreno.

Le mie azioni giornaliere, la mia vita intera
sono diventate poco o niente alla mia vista,
ad eccezione di te.
Gli svaghi, le compagnie
e la vana speranza di un remoto piacere
sono diventati niente in confronto
della gioia celeste che mi viene da te,
o pensiero amoroso.

Come il viandante che viaggia
nel roccioso Appennino,
sorride alla vista di un campo verde,
così io, dopo un conversare mondano,
ritorno a te con desiderio,
e la tua presenza rinforza i miei sensi.

Mi sembra quasi incredibile
che io sia riuscito a sopportare,
per un tempo così lungo,
la mia vita infelice e la gente sciocca.
Mi sembra quasi incredibile
che altri possano avere altri desideri
che non somiglino a te.

Da quando per la prima volta compresi,
per esperienza diretta, che cosa è la vita,
la paura della morte non mi strinse il petto.
Oggi la morte, che la gente talora loda,
ma sempre aborre e teme,
mi pare un gioco;
e se un pericolo appare
mi fermo a contemplare
le sue minacce con un sorriso.

Ho sempre avuto in gran dispregio
le persone volgari e abbiette.
Ora ogni atto indegno mi ferisce l’anima
e ogni azione di inciviltà
mi smuove subito l’anima a sdegno.
Io sono più grande
di questa società superba,
che si nutre di chiacchiere
ed è nemica delle virtù;
è stupida perché insegue l’utile,
e per questo non vede che la vita
diventa sempre più inutile.
Ho in grande scherno i pregiudizi umani,
e calpesto il volgo, ostile ai bei pensieri
e tuo disprezzatore.

Quale sentimento è uguale al sentimento amoroso,
dal quale tu, o pensiero mio, discendi?
Anzi nessun altro sentimento dovrebbe vivere tra i mortali?
L’avidità, la superbia, l’odio, il disprezzo,
la ricerca di onore, la ricerca di potere
che cosa sono rispetto a te
se non altro che voglie e bassi appetiti?
Solo il sentimento dell’amore,
che le eterne leggi della natura hanno dato agli uomini,
dovrebbe vivere tra di noi.

La vita non ha valore,
non ha senso se non per te,
o pensiero d’amore, dato che tu
sei tutto per gli uomini.
Tu sei stato la sola discolpa al fato,
che pose gli uomini in terra a soffrire
senza una ricompensa;
tu sei il solo sentimento grazie al quale
solo agli uomini puri e non vili,
la vita è più bella della morte.

Vivere, per cogliere le tue gioie,
o pensiero amoroso, non è cosa indegna,
anche se bisogna provare gli umani affanni,
anche se bisogna sopportare per molti anni
la vita mortale;
anche io ritornerei di nuovo a vivere,
benché sono esperto dei mali terreni,
per raggiungere le gioie dell’amore:
sebbene tra l’aridità della vita
e tra i morsi delle vipere,
non sono arrivato fin a oggi
tanto disperato da non credere
che il tuo bene non potesse
vincere le pene degli uomini.

Che meraviglioso mondo, che straordinaria immensità,
che paradiso è quello là,
dove spesso il tuo stupendo incanto
mi pare che mi innalzi!
Dove io (nel pensiero dominante),
perdendo il modo di vedere consueto,
vedo sotto una luce diversa il mio stato terreno,
e dimentico la dolorosa verità dell’esistenza!
Questi sono, credo, i sogni degli immortali.
Ma in ultimo, tu, o pensiero amoroso,
sei un sogno con il quale la realtà si fa bella;
tu, o pensiero amoroso, sei un sogno
e una erronea illusione.
Ma tu sei di natura divina
tra suadenti illusioni,
perché essa è così viva e forte
e resiste alla realtà e spesso
si confonde con essa e non scompare
che con la morte.

E tu, o pensiero mio,
che sei vitale ai miei giorni,
che sei motivo di gioia
di infiniti affanni,
morirai con me spento
dalla morte: perché io sento,
da indizi chiari, che tu sarai
il mio signore per molti anni.
Il vero aspetto di altre donne
infievoliva le altre mie
dolci illusioni d’amore.
Invece, quanto più ripenso
a colei della quale io ragiono con te,
o pensiero mio, tanto più cresce
il mio gran diletto, tanto più cresce
il mio delirio, per il quale io respiro.
Angelica bellezza! Mi sembra
che ogni bel viso, dovunque io guardi,
sia una finta immagine che voglia imitare
il tuo bel volto. Tu, o angelica bellezza,
sei la sola fonte di ogni altra bellezza,
e mi sembra che tu sia la sola vera bellezza.

Da quando ti vidi per la prima volta,
tu non sei diventata l’unico scopo
dei miei seri interessi?
Quanto tempo del giorno è trascorso,
che io non pensai a te?
Quante volte la tua sovrana immagine
venne meno ai miei sogni?
Angelica immagine, bella come un sogno,
sia sulla terra, sia nelle alte vie dell’universo,
che spero altro più bello che vedere i tuoi occhi?
Che spero altro più dolce che avere il tuo pensiero?

Testo originale

Dolcissimo, possente
Dominator di mia profonda mente;
Terribile, ma caro
Dono del ciel; consorte
Ai lúgubri miei giorni,
Pensier che innanzi a me sì spesso torni.

Di tua natura arcana
Chi non favella? Il suo poter fra noi
Chi non sentì? Pur sempre
Che in dir gli effetti suoi
Le umane lingue il sentir propio sprona,
Par novo ad ascoltar ciò ch’ei ragiona.

Come solinga è fatta
La mente mia d’allora
Che tu quivi prendesti a far dimora!
Ratto d’intorno intorno al par del lampo
Gli altri pensieri miei
Tutti si dileguàr. Siccome torre
In solitario campo,
Tu stai solo, gigante, in mezzo a lei.

Che divenute son, fuor di te solo,
Tutte l’opre terrene,
Tutta intera la vita al guardo mio!
Che intollerabil noia
Gli ozi, i commerci usati,
E di vano piacer la vana spene,
Allato a quella gioia,
Gioia celeste che da te mi viene!

Come da’ nudi sassi
Dello scabro Apennino
A un campo verde che lontan sorrida
Volge gli occhi bramoso il pellegrino;
Tal io dal secco ed aspro
Mondano conversar vogliosamente,
Quasi in lieto giardino, a te ritorno,
E ristora i miei sensi il tuo soggiorno.

Quasi incredibil parmi
Che la vita infelice e il mondo sciocco
Già per gran tempo assai
Senza te sopportai;
Quasi intender non posso
Come d’altri desiri,
Fuor ch’a te somiglianti, altri sospiri.

Giammai d’allor che in pria
Questa vita che sia per prova intesi,
Timor di morte non mi strinse il petto.
Oggi mi pare un gioco
Quella che il mondo inetto,
Talor lodando, ognora abborre e trema,
Necessitade estrema;
E se periglio appar, con un sorriso
Le sue minacce a contemplar m’affiso.
Sempre i codardi, e l’alme
Ingenerose, abbiette
Ebbi in dispregio. Or punge ogni atto indegno
Subito i sensi miei;
Move l’alma ogni esempio
Dell’umana viltà subito a sdegno.
Di questa età superba,
Che di vote speranze si nutrica,
Vaga di ciance, e di virtù nemica;
Stolta, che l’util chiede,
E inutile la vita
Quindi più sempre divenir non vede;
Maggior mi sento. A scherno
Ho gli umani giudizi; e il vario volgo
A’ bei pensieri infesto,
E degno tuo disprezzator, calpesto.

A quello onde tu movi,
Quale affetto non cede?
Anzi qual altro affetto
Se non quell’uno intra i mortali ha sede?
Avarizia, superbia, odio, disdegno,
Studio d’onor, di regno,
Che sono altro che voglie
Al paragon di lui? Solo un affetto
Vive tra noi: quest’uno,
Prepotente signore,
Dieder l’eterne leggi all’uman core.

Pregio non ha, non ha ragion la vita
Se non per lui, per lui ch’all’uomo è tutto;
Sola discolpa al fato,
Che noi mortali in terra
Pose a tanto patir senz’altro frutto;
Solo per cui talvolta,
Non alla gente stolta, al cor non vile
La vita della morte è più gentile.

Per còr le gioie tue, dolce pensiero,
Provar gli umani affanni,
E sostener molt’anni
Questa vita mortal, fu non indegno;
Ed ancor tornerei,
Così qual son de’ nostri mali esperto,
Verso un tal segno a incominciare il corso:
Che tra le sabbie e tra il vipereo morso,
Giammai finor sì stanco
Per lo mortal deserto
Non venni a te, che queste nostre pene
Vincer non mi paresse un tanto bene.

Che mondo mai, che nova
Immensità, che paradiso è quello
Là dove spesso il tuo stupendo incanto
Parmi innalzar! dov’io,
Sott’altra luce che l’usata errando,
Il mio terreno stato
E tutto quanto il ver pongo in obblio!
Tali son, credo, i sogni
Degl’immortali. Ahi finalmente un sogno
In molta parte onde s’abbella il vero
Sei tu, dolce pensiero;
Sogno e palese error. Ma di natura,
Infra i leggiadri errori,
Divina sei; perchè sì viva e forte,
Che incontro al ver tenacemente dura,
E spesso al ver s’adegua,
Nè si dilegua pria, che in grembo a morte.

E tu per certo, o mio pensier, tu solo
Vitale ai giorni miei,
Cagion diletta d’infiniti affanni,
Meco sarai per morte a un tempo spento:
Ch’a vivi segni dentro l’alma io sento
Che in perpetuo signor dato mi sei.
Altri gentili inganni
Soleami il vero aspetto
Più sempre infievolir. Quanto più torno
A riveder colei
Della qual teco ragionando io vivo,
Cresce quel gran diletto,
Cresce quel gran delirio, ond’io respiro.
Angelica beltade!
Parmi ogni più bel volto, ovunque io miro,
Quasi una finta imago
Il tuo volto imitar. Tu sola fonte
D’ogni altra leggiadria,
Sola vera beltà parmi che sia.

Da che ti vidi pria,
Di qual mia seria cura ultimo obbietto
Non fosti tu? quanto del giorno è scorso,
Ch’io di te non pensassi? ai sogni miei
La tua sovrana imago
Quante volte mancò? Bella qual sogno,
Angelica sembianza,
Nella terrena stanza,
Nell’alte vie dell’universo intero,
Che chiedo io mai, che spero
Altro che gli occhi tuoi veder più vago?
Altro più dolce aver che il tuo pensiero?

Articolo precedenteBalla balla ballerino (Lucio Dalla) – Testo e significato canzone
Articolo successivoFrutto della nostra terra (F.Buttazzo) – Video e testo del canto

Lascia una risposta

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome