Se un battito fa scandalo

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La modifica alla legge ungherese sull’aborto prevede che prima di procedere i medici presentino alla donna la prova «chiaramente identificabile delle funzioni vitali del feto». In termini di leggi italiane, è il consenso informato: prima di compiere una scelta irreversibile occorre essere consapevoli di ciò che è e delle sue conseguenze.

Perché dall’Ungheria arriva una buona proposta

L’aborto per tante donne e tanti uomini che le sono accanto può essere un atto che genera tormento e che potrebbe anche diventare un trauma che segna in negativo l’intera vita. Per altre è solo la più facile e tranquilla soluzione di un problema da cui liberarsi.

Perché tanti lo vivono con tormento? Evidentemente perché si è consapevoli che non si sta togliendo un appendicite, che non è un grumo di cellule. Si è consapevoli del mistero di una vita nel proprio grembo, la vita di un figlio, a cui si sta decidendo di mettere fine distruggendolo fisicamente.

Ad un bambino già nato non si farebbe mai un male simile, sarebbe un sacrilegio e un delitto per qualsiasi morale e qualsiasi legge. Questo perché il bambino lo vediamo e non possiamo più negare la realtà di ciò che è. Ma cos’è un feto, se non un bambino biologicamente un po’ meno sviluppato che non ha ancora visto la luce?

È chiaro che non ha alcun senso fondare il diritto alla vita sullo sviluppo biologico.

Eppure questo grumo di cellule, dopo appena 5 settimane dal concepimento, inizia ad avere un cuore che batte a una frequenza doppia rispetto a quella dell’adulto, iniziano a formarsi gli arti e si vede la sua testolina.

Ascoltare il battito del suo cuore e osservare le sue funzioni vitali rende possibile un avvicinamento che apre ad una maggior conoscenza della realtà e a un’eventuale riscoperta di alcuni sentimenti che aiutino la ragione a “vedere”, per una decisione più consapevole, dato che dopo non si potrà più tornare indietro.

Se la decisione fosse orientata nella direzione corretta, si eviterebbero ben due mali:

  1. La tragedia di una vita umana soppressa
  2. Il tormento, il dolore, il trauma di un genitore

Di conseguenza, ed è bene sottolinearlo, si darebbe spazio:

  1. alla vita anziché alla morte
  2. alla gioia anziché al tormento.

Tutto rose e fiori? No, ma è un tentativo. Se anche una sola donna, una sola coppia in più, decidesse per la vita, ne varrebbe la pena.

La rivolta dei “progressisti”

Quando la notizia proveniente dall’Ungheria è stata diffusa, in tanti hanno palesato in modo anche forte la propria indignazione, tra esponenti politici, quotidiani e persone comuni sui social network.

Obiezione 1: “Un atto crudele, una forma di tortura che trasforma il dramma in tragedia”.

Queste nello specifico sono le parole di Monica Cirinnà, esponente del PD, ma il suo pensiero è anche molto ribadito, con parole ugualmente forti, da persone comuni.

Analizziamo: “trasforma il dramma in tragedia?”.

Un battito non trasforma il “dramma in tragedia”. La tragedia, ossia il finale catastrofico, è quando qualcuno resta ucciso. Quel battito potrebbe, invece, trasformare la tragedia in un lieto fine.

Può causare una sofferenza in più? Certo, come si può soffrire per amore, per amicizia, per la rottura di un legame familiare e per tante cose. Se ne vale la pena è un’occasione di umanizzazione. È la società edonistica in cui viviamo a renderci allergici a qualsiasi tipo di sofferenza, condannandoci alla più grande delle sofferenze: essere meri oggetti di consumo che a loro volta consumano tutto: prodotti, relazioni, corpi. Si può consumare anche un bambino.

Ma pur volendo pensare che la vera sofferenza sia l’ascolto del battito, perché non valutare anche il contraltare, ossia quel trauma che potrebbe essere evitato se la decisione cambiasse?

Obiezione 2: “Abortire è sempre un trauma, penalizzare e colpevolizzare in questo modo le donne significa di fatto limitare la loro libertà di scelta”.

Queste nello specifico sono le parole di Valeria Valente, anche lei esponente del PD, anche in questo caso un concetto molto condiviso sui social.

Anzitutto abortire non è sempre un trauma, ahimè c’è anche chi lo fa a cuor leggero. La frase inizia quindi con una generalizzazione che purtroppo non è vera, perché se fosse vera sarebbe anche una bella notizia quella di scoprire che tutti hanno la consapevolezza che quello nel grembo materno è un essere umano, un figlio, dato che è proprio questo a generare il trauma.

In secondo luogo, l’ascolto del battito viene interpretato come una punizione e anche qui viene dimenticata l’opportunità di evitare quello che sarebbe “sempre un trauma”.

Si parla poi di “colpevolizzare”. Il senso di colpa può far parte della scelta – come è giusto che sia, aggiungerei – e può nascere spontaneamente. Sicuramente non è la giusta soluzione quello di indurlo. Piuttosto ci sarebbe da chiedersi perché nasce. Vogliamo un mondo senza più sensi di colpa, dove chiunque può uccidere senza che la sua coscienza venga turbata?

Si parla infine di limitare la “libertà di scelta”, ma qui c’è una grande miopia. La libertà di scelta viene limitata quando una parte della realtà viene censurata. Ascoltare il battito, invece, amplia la conoscenza della realtà e di conseguenza la consapevolezza e la libertà della scelta.

Obiezione 3: Se sei uomo non puoi parlare di aborto

E magari di questione carceraria possono parlare solo i carcerati, di droga solo i drogati, ecc… Qui si sta parlando di questioni che riguardano noi come essere umani che siamo vivi perché non siamo stati abortiti, questioni che toccano anche i padri che soffrono per la sorte del proprio figlio nascituro. E poi ci siamo in gioco tutti come società che ha una certa concezione della vita umana, priva di ogni sentimento e commozione.

Anche se ne parlassero solo le donne, qualcosa cambierebbe? Le donne non sono contrarie all’aborto quanto gli uomini? Nelle associazioni cattoliche vediamo solo uomini? E le donne che ci sono, sono per caso favorevoli all’aborto? Sono donne che non fanno le attiviste, che non si espongono sui social e non urlano, essendo così meno visibili, ma ci sono e sono tante le donne contrarie all’aborto. Di testimonianze se ne potrebbero trovare innumerevoli, ma ne mettiamo qui almeno una.

E tra le approvazioni che questo commento ha ricevuto ci sono tutt’altro che soli uomini.

Obiezione 4: Nessuna cambierebbe idea dopo aver sentito il battito

Obiezione 5: L’esperienza personale è assolutamente irrilevante

Dato che queste 2 obiezioni si assomigliano per l’alto livello di irrazionalità, proviamo a gestirle insieme mostrando una significativa conversazione intercettata sui social, arricchita di un’esperienza reale raccontata in modo molto dettagliato.

Anche se l’esito per la loro figlia non è stato felice, hanno fatto tutto il possibile e – cosa davvero importante – maturato un amore in grado di vedere come “perfetto” anche quel corpicino privo di vita e non ancora sviluppato.

Hanno testimoniato come anche solo un battito può cambiare tutto.

La contro-risposta, tuttavia, non è stata all’altezza.

“Assolutamente irrilevante”. Nemmeno parzialmente, ma proprio assolutamente.

L’esperienza reale è quindi irrilevante. A questo interlocutore non interessa nulla di quella “scoperta” e di quel “cambiamento possibile”. Qui si può leggere il contrasto tra la realtà e l’ideologia. Tra la profondità d’animo e l’ideologia.

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