Se un battito fa scandalo

0
228

La modifica alla legge ungherese sull’aborto prevede che prima di procedere i medici presentino alla donna la prova «chiaramente identificabile delle funzioni vitali del feto». In termini di leggi italiane, è il consenso informato: prima di compiere una scelta irreversibile occorre essere consapevoli di ciò che è e delle sue conseguenze.

Perché dall’Ungheria arriva una buona proposta

L’aborto per tante donne e tanti uomini che le sono accanto può essere un atto che genera tormento e che potrebbe anche diventare un trauma che segna in negativo l’intera vita.

Per tante altre – e va detto anche questo, per evitare di cadere nel classico vittimismo sentimentalista generalizzato – è solo la più facile e tranquilla soluzione di un problema da cui liberarsi.

Perché tanti lo vivono con tormento? Evidentemente si è consapevoli che non si sta compiendo un atto come un altro. Si è consapevoli del mistero di una vita nel proprio grembo, la vita di un figlio, a cui si sta decidendo di mettere fine distruggendolo fisicamente.

Ad un bambino già nato non si farebbe mai un male simile, sarebbe un sacrilegio e un delitto per qualsiasi morale e qualsiasi legge. Ma cos’è un bambino, se non un feto biologicamente un po’ più sviluppato?

È chiaro che non ha alcun senso fondare il diritto alla vita sullo sviluppo biologico. Ciò che fa la differenza è il fatto che il feto non lo vediamo e quindi possiamo “fare finta” che non sia nulla, se non un “grumo di cellule”, come si suol dire.

Eppure questo grumo di cellule, dopo appena 5 settimane dal concepimento, inizia ad avere un cuore che batte ad una frequenza doppia rispetto a quella dell’adulto, iniziano a formarsi gli arti e si vede la sua testolina.

Ascoltare il battito del suo cuore e osservare le sue funzioni vitali rende possibile un avvicinamento che apre ad una maggior conoscenza della realtà e ad un’eventuale riscoperta di alcuni sentimenti, per una decisione più consapevole dato che dopo non si potrà più tornare indietro.

Se la decisione fosse orientata nella direzione corretta, si eviterebbero ben due mali:

  1. La tragedia di una vita umana spezzata nella fase in cui è più fragile
  2. Il tormento, il dolore, il trauma di un genitore

Di conseguenza, ed è bene sottolinearlo, si darebbe spazio:

  1. alla vita anziché alla morte
  2. alla gioia anziché al tormento.

Tutto rose e fiori? No, ma è un tentativo. Se anche una sola donna, una sola coppia in più, decidesse per la vita, ne varrebbe la pena.

La rivolta dei progressisti

Quando la notizia proveniente dall’Ungheria è stata diffusa, in tanti hanno palesato in modo anche forte la propria indignazione, tra esponenti politici, quotidiani e persone comuni sui social network.

Obiezione 1: “Un atto crudele, una forma di tortura che trasforma il dramma in tragedia”.

Queste nello specifico sono le parole di Monica Cirinnà, esponente del PD, ma il suo pensiero è anche molto ribadito, con parole ugualmente forti, da persone comuni.

Analizziamo: “trasforma il dramma in tragedia?”.

Un battito non trasforma il “dramma in tragedia”. La tragedia, ossia il finale catastrofico, è quello dell’aborto già scelto. Quel battito potrebbe, invece, trasformare la tragedia in un lieto fine.

Può causare una sofferenza in più? Certo, come si può soffrire per amore, per amicizia, per la rottura di un legame familiare e per tante cose. È la società edonistica in cui viviamo a renderci allergici a qualsiasi tipo di sofferenza, facendoci dimenticare che attraversarla (anziché evitarla) può aprire all’amore, alla felicità, alla vita.

Ma pur volendo avere una visione negativa di questa “sofferenza in più”, può mai essere paragonabile alla sofferenza in sé che tante donne vivono dopo aver visto o saputo il proprio figlio distrutto fisicamente da arnesi o agenti chimici? Non è già quest’ultima la vera sofferenza?

Davvero è corretto utilizzare, per quella “sofferenza in più”, le parole “atto crudele” e “tortura”? Non sono espressioni che dovrebbero essere riservate, in realtà, quando parliamo di soppressione di un essere umano?

Ma pur volendo pensare che la vera sofferenza sia l’ascolto del battito più dell’aborto stesso, perché non valutare anche il contraltare, ossia quel trauma che potrebbe essere evitato se la decisione cambiasse?

Obiezione 2: “Abortire è sempre un trauma, penalizzare e colpevolizzare in questo modo le donne significa di fatto limitare la loro libertà di scelta”.

Queste nello specifico sono le parole di Valeria Valente, anche lei esponente del PD, anche in questo caso un concetto condiviso sui social.

Anzitutto abortire non è sempre un trauma, ahimè c’è anche chi lo fa a cuor leggero. La frase inizia quindi con una generalizzazione senza senso.

In secondo luogo, l’ascolto del battito viene interpretato come una punizione e anche qui viene dimenticata l’opportunità di evitare quello che sarebbe “sempre un trauma”.

Si parla poi di “colpevolizzare”. Il senso di colpa può far parte della scelta – come è giusto che sia, aggiungerei – e nasce spontaneamente. Piuttosto ci sarebbe da chiedersi perché nasce. Vogliamo un modo senza più sensi di colpa, così da ucciderci tutti a vicenda senza problemi?

Si parla infine di limitare la “libertà di scelta”. Eh no. La libertà di scelta viene limitata quando la realtà viene censurata. Ascoltare un battito amplia la conoscenza della realtà e di conseguenza la consapevolezza e la libertà della scelta.

Obiezione 3: Se sei uomo non puoi parlare di aborto

E magari di questione carceraria possono parlare solo i carcerati, di droga solo i drogati, ecc… Qui si sta parlando di una vita umana, poi anche di questioni culturali che riguardano tutti, anche nel ruolo di padri.

E poi, anche se ne parlassero solo le donne, qualcosa cambierebbe? Le donne non sono contrarie all’aborto quanto gli uomini? Di testimonianze se ne potrebbero trovare innumerevoli, ma ne mettiamo qui almeno una.

E tra le approvazioni che questo commento ha ricevuto ci sono tutt’altro che soli uomini.

Obiezione 4: Nessuna cambierebbe idea dopo aver sentito il battito

Obiezione 5: L’esperienza personale è assolutamente irrilevante

Dato che queste 2 obiezioni si assomigliano per l’alto livello di irrazionalità, proviamo a gestirle insieme mostrando una significativa conversazione intercettata sui social, arricchita di un’esperienza reale raccontata in modo molto dettagliato.

Anche se l’esito per la loro figlia non è stato felice, hanno fatto tutto il possibile e – cosa davvero importante – maturato un amore in grado di vedere come “perfetto” anche un corpo morto e non ancora sviluppato.

Hanno testimoniato come anche solo un battito può cambiare tutto.

La controrisposta, tuttavia, non è stata all’altezza.

“Assolutamente irrilevante”. Nemmeno parzialmente, ma proprio assolutamente.

L’esperienza reale è quindi irrilevante. A questo interlocutore non interessa nulla di quella “scoperta” e di quel “cambiamento possibile”. Qui si può leggere il contrasto tra la realtà e l’ideologia. Tra la profondità e il tifo da stadio.

Data la superficialità con cui generalmente si utilizzano parole come sessuofobia, omofobia, ecc… in questo caso, data la paura verso un tenero battito, pare particolarmente corretto parlare di fetofobia.

Articolo precedente[Dialogo tra un impegnato e un non so] La presa del potere – Gaber
Articolo successivoLimitatezza della storia e immensità del mondo contadino – Pasolini

Lascia una risposta

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome