La razza in estinzione (Gaber) – Significato e testo

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Significato

L’argomento principale della canzone è quello delle lotte ideologiche della generazione di Gaber, sconfitte dal conformismo generale, dall’ipocrisia di un popolo antropologicamente in decadimento, dall’assuefazione di una razza in estinzione.

Gaber non sopporta operazioni di facciata, come la Chiesa che esalta pubblicamente la vita coniugale in sé, in tempi di consumo anche dei corpi e liquefazione delle relazioni a cui – come disse Pasolini – non ha saputo opporsi.

Allo stesso modo Gaber non sopporta i gay pride in quanto banale e volgare esibizione di corpi, senza profondità e senza verità.

Nel mondo dell’apparenza si cerca di sembrare buoni facendo i professionisti del sociale, ma ciò non è frutto di un vero interesse ma solo di speculazioni ideologiche.
Non è umanamente sincero, insomma, come non lo sono quei partiti che erano nati con le migliori intenzioni.

Al contempo la televisione, i giornali e la scuola ci garantiscono l’ignoranza. Siamo tutti più imbecilli e gli intellettuali non sono da meno: la qualità non è più richiesta.

I rivoluzionari cercavano solo di dare un senso alla propria vita, ma alla fine «La mia generazione ha perso». Siamo diventati «una massa senza più un individuo» e quel senso cercato con tanta passione è diventato un miraggio.

Testo

Non mi piace la finta allegria
non sopporto neanche le cene in compagnia
e coi giovani sono intransigente
di certe mode, canzoni e trasgressioni
non me ne frega niente.

E sono anche un po’ annoiato
da chi ci fa la morale
ed esalta come sacra la vita coniugale
e poi ci sono i gay che han tutte le ragioni
ma io non riesco a tollerare
le loro esibizioni.

Non sopporto chi è troppo solidale
e fa il professionista del sociale
ma chi specula su chi è malato
su disabili, tossici e anziani
è un vero criminale.

Ma non vedo più nessuno che s’incazza
fra tutti gli assuefatti della nuova razza
e chi si inventa un bel partito
per il nostro bene
sembra proprio destinato
a diventare un buffone.

Ma forse sono io che faccio parte
di una razza
in estinzione.

La mia generazione ha visto
le strade, le piazze gremite
di gente appassionata
sicura di ridare un senso alla propria vita
ma ormai son tutte cose del secolo scorso
la mia generazione ha perso.

Non mi piace la troppa informazione
odio anche i giornali e la televisione
la cultura per le masse è un’idiozia
la fila coi panini davanti ai musei
mi fa malinconia.

E la tecnologia ci porterà lontano
ma non c’è più nessuno che sappia l’italiano
c’è di buono che la scuola
si muove con urgenza
e con tutti i nuovi quiz
ci garantisce l’ignoranza.

Non mi piace nessuna ideologia
non faccio neanche il tifo per la democrazia
di gente che ha da dire ce n’è tanta
la qualità non è richiesta
è il numero che conta.

E anche il mio paese mi piace sempre meno
non credo più all’ingegno del popolo italiano
dove ogni intellettuale fa opinione
ma se lo guardi bene
è il solito coglione.

Ma forse sono io che faccio parte
di una razza
in estinzione.

La mia generazione ha visto
migliaia di ragazzi pronti a tutto
che stavano cercando
magari con un po’ di presunzione
di cambiare il mondo
possiamo raccontarlo ai figli
senza alcun rimorso
ma la mia generazione ha perso.

Non mi piace il mercato globale
che è il paradiso di ogni multinazionale
e un domani state pur tranquilli
ci saranno sempre più poveri e più ricchi
ma tutti più imbecilli.

E immagino un futuro
senza alcun rimedio
una specie di massa
senza più un individuo
e vedo il nostro stato
che è pavido e impotente
è sempre più allo sfascio
e non gliene frega niente
e vedo anche una Chiesa
che incalza più che mai
io vorrei che sprofondasse
con tutti i Papi e i Giubilei.

Ma questa è un’astrazione
è un’idea di chi appartiene
a una razza
in estinzione.

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