Catcalling: il vero problema e la vera soluzione

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Fredrickson e Roberts già nel 1997 parlavano di “teoria dell’oggettivazione sessuale” per indicare un contesto sociale in cui le donne sono considerate a priori come oggetti sessuali, prima ancora che come persone.

ll catcalling può essere considerato a pieno titolo una delle varie forme di oggettivazione sessuale. Può consistere in un fischio, un suono di clacson, un “ciao bella”, una domanda allusiva, un affiancamento a piedi o in macchina.

Se qualcuno provava anche solo ad avvicinarsi ad una giovane ragazza negli anni 50, ad esempio, era saggio temere la reazione decisa del padre o di un fratello. Erano tempi in cui per sposare una donna occorreva chiedere la mano dimostrando le proprie migliori intenzioni e l’amore era riconosciuto come un valore fondamentale nella sua purezza. L’educazione era improntata al rispetto e alla disciplina. Certo non era minimamente accettabile un approccio volgare come il catcalling.

Con il tempo, però, arriva la liberalizzazione sessuale con la pretesa che la donna debba essere libera e disponibile sessualmente e andare in giro con abiti succinti per essere apprezzata. Il nuovo modello educativo è quello del laissez-faire. È in questo contesto che nasce e cresce il catcalling come fenomeno sociale (come anche quello del bullismo).

Molto spesso, soprattutto negli anni passati, tali comportamenti sono stati considerati non gravi e, anzi, quasi giustificati come goffi tentativi di corteggiamento e approccio, espressione di “normali flirt”. Talvolta le donne stesse non hanno condannato il fatto, arrivando in alcuni casi a sentirsi lusingate dal ricevere tali attenzioni.

Dallo studio condotto da Del Greco (2020) emerge che l’87% di coloro che hanno ammesso di aver compiuto molestie da strada era animato dal desiderio di ottenere dalle donne risposte positive, come ad esempio sorridere o iniziare una conversazione. Chi compie catcalling, quindi sembrerebbe non percepire tale manifestazione come qualcosa di negativo, né si aspetta reazioni negative.

Nonostante l’apparente buona fede della maggior parte dei molestatori, il catcalling può causare nella vittima imbarazzo, fastidio, rabbia, decremento della percezione di sicurezza, manifestazioni ansiose e/o depressive e un peggioramento della qualità del sonno (Davidson et al., 2016; Del Greco e Christensen, 2019).

Benché nel mondo di oggi siano diventati tanti i fatti ordinari della vita che possono causare queste stesse conseguenze in misura anche maggiore e più frequente, è sicuramente importante tenerle presenti per non trascurare il fenomeno, ma anche guardare la sua reale portata per non ingigantirlo.

In tal senso si dovrebbe maggiormente guardare a come ansia e depressione siano problemi in costante aumento per ragioni tra le quali il catcalling rappresenterebbe simbolicamente una briciola di pane.

L ’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) l’ha definito “il male del secolo”: la depressione, associata ai sintomi ansiosi, è una patologia in crescita ogni anno che ha trovato campo fertile soprattutto nella società metropolitana e nelle nuove generazioni, ossia nei luoghi e nelle persone più travolte dalle nostre false concezioni di progresso e sviluppo.

Dati sulle molestie sessuali in Italia

Istat sull’incidenza uomo/donna

Secondo un’analisi fatta nel 2018 dall’Istat emerge che in Italia il 43,6% delle donne e il 18,8% degli uomini tra i 14 e i 65 anni ha subito almeno una volta nella sua vita un episodio di molestia sessuale. Ci si riferisce a qualsiasi tipo di molestia, non solo quella del catcalling che resta comunque la più diffusa.

Tali dati potrebbero meritare un aggiustamento considerando che gli uomini, rispetto alle donne, tendono maggiormente a non parlarne con nessuno (62,1% vs 42,7%), tendono molto meno a percepire i fatti come gravi (15,7% vs 76,4%), perciò sono più propensi a dimenticare o a non considerare come molestia determinate situazioni.

In oltre il 60% dei casi questi fatti si sono verificati una sola volta, ma per circa un quarto delle vittime si sono ripetuti da 2 a 5 volte. 

Gli autori delle molestie a sfondo sessuale risultano in larga prevalenza uomini: lo sono per il 97% delle vittime donne e per l’85,4% delle vittime uomini. Si può dedurre che le molestie subite dagli uomini sono principalmente omosessuali.

Istat sull’incidenza straniera

Secondo un altro rapporto pubblicato dall’Istat nel 2020 con il titolo “Delitti, imputati e vittime dei reati” emerge che il 41,8% delle persone denunciate e arrestate per violenza sessuale è composto da cittadini stranieri, nonostante questi ultimi rappresentino solo l’8,6% della popolazione. Inoltre emerge che una donna su 4 vittime di violenza sessuale è straniera.

Se guardiamo, inoltre, al reato di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, il 68.8% è ascrivibile alla popolazione straniera che, in generale, è quella più coinvolta nei reati contro la donna, sia perché in essa si celano i carnefici e sia perché sono proprio le straniere quelle più a rischio.

Nel recente passato, dati del genere non sono stati presi in considerazione. Al contrario, il politicamente corretto ha come imposto di non fare alcuna distinzione tra stranieri e italiani per non alimentare razzismo, cosa sacrosanta. Tuttavia è importante anche non rinunciare alla concreta conoscenza del fenomeno.

Sono stati messi in evidenza questi dati perché è abbastanza probabile che tale maggior incidenza si rifletta anche nel mero fenomeno del catcalling, ma anche per richiamare l’attenzione sul fenomeno della molestia e della violenza sessuale nella sua totalità, per non rischiare di concentrarsi sul “piccolo” togliendo spazio, tempo ed energie a ciò che è più “grande”.

Lo studio dell’ONG Hollaback!

L’ONG Hollaback!, in collaborazione con la Cornell University, ha avviato uno studio su scala internazionale con un campione di 16.600 donne provenienti da 22 Paesi diversi. I risultati mostrano che in media l’84% delle donne intervistate ha subito la sua prima esperienza di catcalling prima dei 17 anni. In Italia questa percentuale scende al 79%.

È strano notare che questo valore sia così tanto più alto rispetto a quello rilevato dall’Istat, nonostante l’istituto di statistica inquadri tutti i tipi di molestie (incluse perciò anche quelle meramente verbali che procurano un mero fastidio e che inquadrano quindi il catcalling), mentre quello dell’ONG Hollaback! si riferisce al solo fenomeno del catcalling.

Si può ipotizzare che, dato che lo studio avviato da quest’ultimo nasce proprio per sottolineare il fenomeno e usare i dati per scopi di propaganda (hanno anche realizzato un video discutibile), potrebbe aver volutamente utilizzato dei parametri molto larghi o un campione non adeguatamente rappresentativo.

Considerazioni sui dati

È interessante notare che sono quasi sempre gli uomini a compiere molestie a sfondo sessuale, però questo prescinde dal genere della vittima, il quale dipende semplicemente dall’orientamento sessuale del molestatore.

Ciò suggerisce che la causa della diversa incidenza tra generi non consiste in una presunta mentalità che non riconoscerebbe uguale dignità alla donna (altrimenti almeno le vittime uomini sarebbero salve), ma in differenze naturali e/o culturali che distinguono la donna dall’uomo e tra le quali ci dovrebbe essere: 

  1. la minor forza fisica e quindi la paura per come la situazione potrebbe degenerare.
  2. la percezione sociale più negativa di una donna sessualmente promiscua.
  3. la maggiore messa in mostra di elementi di attrazione sessuale. 

Ora se la prima non è colpa di nessuno, eliminando la seconda aumenterebbe il numero di autrici donne e soprattutto quello degli autori uomini che si farebbero ancora meno sensi di colpa, mentre mettendo in discussione la terza saresti accusato di bigottismo e di voler giustificare l’autore, venendo così proposto al pubblico disprezzo, ma sia chiaro: non è una giustificazione, ma è una spiegazione.

Bisognerebbe anche osservare, se non si vuole cadere nel poco intelligente gioco dei buoni e dei cattivi, che i fenomeni che osserviamo sono conseguenza di fattori naturali e culturali che se hanno la colpa – nello specifico ambito del catcalling – di aver reso il maschio peggiore, è conseguenza logica che hanno anche il merito di aver reso la donna migliore, almeno fino ad ora. Cosa che sempre si dà per scontata.

Considerando anche che per via delle differenze uomo/donna vi sono altri ambiti in cui è l’uomo ad avere la peggio e la donna la meglio (basti riflettere sul fatto che gli uomini rappresentano il 92,4% dei morti sul lavoro, il 78,6% dei suicidi, l’85,7% dei senzatetto, l’83,34% dei morti in incidenti stradali, considerando magari anche le violenze psicologiche, le maggiori responsabilità sociali ed economiche e relativa maggiore esclusione sociale, le maggiori pene inflitte a parità di reato, il peggior trattamento subito dalla giustizia nelle separazioni, la minor aspettativa di vita, la maggior probabilità di ammalarsi di cancro, l’essere in prima linea quando si tratta di andare a morire in guerra), non sembra a maggior ragione corretto ridurre questa e altre questioni – come spesso accade – a banali lotte di genere.

Accade di generalizzare attaccando e colpevolizzando l’intera categoria maschile (l’odio non genera mai niente di buono), nonostante sia solo una stretta minoranza di essa a compiere questi atti. Molti divulgatori, ad esempio, attribuiscono alle cause del catcalling il concetto di “mascolinità tossica” che irrimediabilmente tende a mettere in cattiva luce chiunque abbia e mostri dei caratteri mascolini.

Eppure secondo recenti studi (Straus, 2011Cortoni et al., 2017Denson et al., 2018Dim, 2020Douglass et al., 2020) gli uomini subiscono violenza più spesso delle donne. In particolare emerge che queste ultime riportano solitamente lesioni fisiche più severe, ma ciò non implica che i danni subiti dagli uomini siano meno gravi o importanti.

Molto spesso, infatti, l’aggressione sugli uomini non è fisica o sessuale, ma piuttosto di tipo psicologico, con conseguenze a lungo termine devastanti per il benessere della persona (Randle & Graham, 2011).

In questo caso dovremmo quindi parlare di “femminilità tossica”? Della donna che si sente intoccabile “in quanto donna” e se ne approfitta?

Bisognerebbe davvero smettere di essere ciechi e iniziare a vedere che la violenza non dipende dal genere e da quelli che vengono definiti “stereotipi”, ma ha una sola causa: il disamore, la de-sentimentalizzazione, l’infelicità. Pasolini notò che la ragione dell’esplosione di violenza che consegue alla rivoluzione antropologica degli anni 60-70 consiste nel considerare improvvisamente la vita un nulla e il cuore nient’altro che un muscolo. Lo scrisse nel suo articolo intitolato “Non aver paura di avere un cuore”.

È questo il contesto – che vede una totalizzazione dei valori borghesi a scapito del ben più vasto mondo contadino, proletario e sottoproletario – in cui emerge la mascolinità tossica dell’uomo che deve ottenere potere e status sociale e finanziario, che deve essere duro e non mostrare sentimenti che rimangono un privilegio delle sole donne, e che deve cercare la soddisfazione sessuale mentre alla donna resta il privilegio di poter inseguire sogni d’amore.

Nei tempi più recenti, però, la situazione è solo peggiorata. Anziché fare un passo indietro rispetto a questo errore della storia, si è affermata anche una “femminilità tossica” che ha copiato quella maschile per la ricerca di una parità livellata verso il basso. Una parità nella regressione. Una finta emancipazione perché ciò che è discriminato è il cuore.

Sulla portata del fenomeno catcalling

In merito alla portata del fenomeno, quando accade è, in genere, solo una o al massimo poche volte nell’arco dell’intera vita. Tale dato può aiutare a comprendere la sua reale dimensione per inquadrarlo correttamente e nel giusto ordine di priorità, senza cadere in trappole ideologiche e propagandistiche che rischiano di alimentare eccessivamente le paure e favorire quegli stessi stati di ansia che si vorrebbe scongiurare.

Se lo paragoniamo, ad esempio, al fenomeno del bullismo dove, tra l’altro, i dati su chi lo subisce non mostrano distinzioni significative tra maschi e femmine, secondo la rilevazione Istat si assiste ad un fenomeno che, per le vittime, si ripete ogni giorno, ogni settimana, ogni mese, ogni anno a seconda dei casi, con conseguenze sul piano psicologico e della vita in generale ben più importanti, arrivando fino al suicidio.

Media e diritto penale

Molti esperti di diritto penale ritengono che quando si introducono nuovi reati o inaspriscono pene in seguito a specifici fatti a cui i media danno molta e ripetuta visibilità generando allarmismo, ciò è in genere irrazionale. Ossia accade che si perde l’equilibrio tra razionalità ed emotività, a vantaggio di quest’ultima, cadendo nel giustizialismo a scapito del garantismo.

Sarebbe discutibile l’idea di mandare in carcere qualcuno per un “ciao bella” o per un fischio, come pare stia per accadere in Regno Unito, soprattutto in un periodo in cui si inizia addirittura a parlare di abolizione del carcere.

Questo tipo di dinamica assomiglia a quella posta in essere sugli immigrati, per cui i fatti di cronaca generavano allarmismo e necessità di intervento chiudendo le frontiere e inasprendo le pene, incrementando i livelli di paura tra la gente.

Immaginiamo che da domani i mass media iniziano a parlare del problema dei litigi e degli insulti nelle riunioni di condominio. Diffondono il dato secondo il quale più di 5 milioni di persone nella loro vita hanno litigato o sono state insultate in una riunione di condominio. Secondo dei sondaggi, una percentuale di queste persone dichiara di essersi sentita fortemente a disagio e di aver poi rinunciato a partecipare ad altre riunioni, lasciando prendere agli altri le decisioni. Poi vengono fuori degli studi in cui emerge che chi litiga in una riunione di condominio può subire un incremento dei propri sintomi ansiosi e depressivi e conseguenti disturbi del sonno. Infine qualcuno propone una legge sulla condominofobia, dove chi osa attaccare una lite o mettere in discussione l’integrità morale di un altro condomino durante una riunione è punito con una pena detentiva fino a 2 anni.

Perché non si propone questo tipo di soluzione per ogni problema esistente nel mondo?

Il vero problema e la vera soluzione

Qui non si vuole affatto sminuire il fenomeno del catcalling, anzi, è l’esatto contrario.
Ritengo occorra guardare alla sua origine per comprendere che il catcalling ci segnala un problema che è molto più ampio di quanto viene raccontato. Solo visto nella totalità dei suoi fattori si può comprendere che la soluzione legge/moralismo è inutile se non dannosa, mentre la vera urgenza è un’altra.

Il problema dell’oggettificazione, infatti, non si limita a quei rari casi in cui qualcuno fischia o dice un “ciao bella” ad una donna. Nei normali rapporti che abitano i nostri tempi non c’è il problema del “mancato consenso” tipico del catcalling, ma uno ben più grave e fatale: l’impossibilità di scoprire il proprio io e il proprio cuore, perché l’amore, quell’amore che renderebbe la vita “nuova”, viene condannato a morte prima che mai possa presentarsi.

Non mi dilungo nel citare Marcuse, Pasolini o Bauman e il suo “Amore liquido” per illustrare come la liberalizzazione sessuale, su cui il catcalling ha trovato terreno fertile, abbia imposto in maniera brutalmente repressiva un vuoto che condanna all’infelicità, al disamore e a tutte le nevrosi che ne conseguono, in un processo totalizzante di de-sentimentalizzazione della società.

La marxista Alessandra Ciattini ha denunciato come l’abbaglio della libertà sessuale lascia andare alla soddisfazione di un qualsivoglia stimolo, con la conseguenza che l’amore non va più di moda, sottolineando che ciò viene addirittura considerato una forma di conquista ed emancipazione femminile. Non si riesce a vedere che è proprio la mancanza d’amore a far cadere nella oggettivazione sessuale e nella volgarità del catcalling.

Il Potere non ha interesse che donne e uomini si incontrino, si innamorino e si permettano di stare bene senza aver bisogno di nulla. Non vuole che il loro incontro diventi “storia”. Al contrario ha bisogno che cadano nella schiavitù del consumismo e dedichino la propria vita alla produzione competendo l’uno con l’altro in una vera e propria lotta di potere, massimizzando così i profitti del capitale.

Probabilmente questo spiega perché al Potere piaccia così tanto un certo femminismo da propagandarlo ovunque: perché mira a mettere contro uomini e donne, strappandoli dall’amore per renderli schiavi del capitalismo, evitando la profondità del ragionamento.

Un problema dei nostri tempi è che ci scandalizziamo per le piccole violenze visibili e non guardiamo le grandi violenze invisibili, ignari che solo risolvendo le seconde si risolverebbero davvero anche le prime.

Bisognerebbe essere capaci di guardare il vero problema per comprendere che la vera soluzione non è nelle leggi e nel moralismo. Potremmo anche creare un mondo di persone super rispettose di tantissime regole create ad hoc per costruire il nostro Truman Show, ma sarebbero finte e morte dentro, queste persone, ancora più di oggi.

Cogliamo il segnale dell’incremento sempre costante di problemi psicologici come dimostrazione lampante che apparentemente si progredisce e si migliora sempre tutto per stare alla fine sempre peggio?

Quello del catcalling, allora, può essere un fenomeno che può aiutarci a rimettere in discussione le nostre certezze culturali e i nostri tabù, per riscoprire il valore dell’anima e del corpo, di un «io» che si scopre nella sua interezza non possedendo e consumando, ma amando un «tu».

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