Dialogo tra un impegnato e un non so (III e IV) – Gaber

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Dialogo III

– Bravo, bravo bene, e adesso che hai fatto questa vigliaccata?
– Riecccolo
– Si, è proprio una vigliaccata, speculare così sui sentimenti
– Io non speculo, e poi avete troppa paura voi dei sentimenti, se non c’è un po’ di guerriglia non vi divertite. Ci sono anche dei casi umani normali, no?
– Ma quali casi umani? Il tuo è pietismo, privo di giudizio, la lacrimuccia facile che non costruisce niente. Sei un cattolico, ecco cosa sei, un cattolico, e volevi parlare con noi?
– No, coi sordi meglio di no. È chiaro, se non parlo con voi con chi parlo?
– Ma tu devi andare…
– Alt!
– A pregare dico
– Aah
– Devi andare a pregare, ecco cosa devi fare

Dialogo IV

[Segue alla canzone “Gli operai”]

– Canzone discutibile, comunque ti sei salvato nel finale
– Bravo, siamo sempre d’accordo, è la parte della canzone che mi piace meno
– Certo, perché tu li conosci così dal di fuori, ci sei mai stato in una fabbrica?
– Veramente no, ma che ci vado a fare io in una fabbrica? Per te è un’altra cosa, una maniera di realizzarti, forse l’unica, la più giusta per te, ma per me…
– E già, tu te ne stai a casa coi tuoi sentimenti, coi tuoi dolori, ti realizzi con quelli, magari ti ci crogioli dentro, te li tieni come una malattia
– Ma di che dolori parli? Non ho mica detto che mi fa male un piede. Io certo parto da dei fatti personali, che poi sono anche di altri, per arrivare alla politica attraverso di me, se no sarei astratto. Ma tu dico, tu, perché fai la rivoluzione?
– Come perché? Perché ci sono un sacco di ingiustizie, perché c’è gente che sta male, che muore di fame, perché gli operai non devono essere sfruttati, non devono essere trattati come schiavi, non devono soffrire più!
– Bravo Gesù
– Cosa c’entra Gesù?
– Sembri Gesù
– Voglio rovesciare le strutture, voglio liberare il lavoro. Perché sono un rivoluzionario, io
– No, sei il solito testacchione, che per sfogare le sue libidini gioca a fare il rivoluzionario, finto
– Sei tu un rivoluzionario finto
– No. Io sono rivoluzionario
– No, io sono un rivoluzionario
– No, io, mi dispiace, io sono un rivoluzionario
(suono di sirene)
– La polizia, la polizia!
– No no no calma, non arriva la polizia, cosa ci viene a fare qui la polizia? È un effetto, un effetto registrato, quali sono i casi in cui viene la polizia? Non questi. La nostra libertà di parola è la misura della loro potenza. No, voglio dire che ti lasciano il tuo spazio libero, quello che chiamano libertà, ma con questo spazio, tu non hai nessuna partecipazione, o meglio, nessuna incidenza, nel senso che non hai nessuna possibilità di sovvertire o modificare qualcosa. In poche parole, non si riesce mai a dar fastidio a nessuno

Segue il ritornello della canzone “La libertà”.

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