Il valore della gratitudine

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Per sua natura la gratitudine nasce da Altro da noi e deriva dall’aver riconosciuto un fatto come un dono.

Il modo migliore per parlarne è raccontare una storia. Ne ho trovata una che avevo scritto nella tarda adolescenza e che avevo intitolato “Durante le consegne”.

Durante le consegne

Oggi vorrei raccontare qualcosa che mi è successo e che ho scoperto.

Io attualmente non lavoro, ma solo per ventidue ore al giorno. Le restanti due sì. Non ditelo all’INPS o all’AdE, loro non lo sanno, anche se non credo si arrabbierebbero se lo sapessero. In fondo è un piccolo lavoretto: ogni mattina alle 6:30 mi reco presso un’edicola per svolgere un servizio di consegne di quotidiani e riviste ai clienti abbonati e che lo richiedono. Lo faccio ormai da qualche anno per circa dieci mesi su dodici.

Come in tutti i lavori, anche in uno apparentemente inutile e monotono come questo, si può scoprire qualcosa e ricavarne una certa bellezza. Sapete che significa vedere la città alle 6:30 di domenica mattina? Un silenzio totale che trasmette un senso di pace e serenità; un cielo ben colorato per l’occasione; la promessa invisibile di un giorno speciale.

Scusate la parentesi.

Un giorno, dunque, dovevo consegnare la Gazzetta del mezzogiorno in un’abitazione. Suono al citofono e poi alla porta, mi apre una signora molto anziana che mi saluta e mi sorride; mi porge con una mano un euro e venti per pagare il giornale, e poi mi consegna anche dieci euro senza dire nulla.

Non sarà mai una mancia, penso.

Le chiedo subito cosa fossero quei soldi, e mi risponde che sono per me. Potrei andarmene senza insistere oltre, ma non resisto alla curiosità e le chiedo, con il giusto sorriso, perché mai mi desse ben dieci euro.

“Oggi io e mio marito compiamo quarantanove anni di matrimonio”, risponde la signora senza aggiungere altro.

Io, lì per lì, non sapevo che dire, ma mi sentivo molto felice per quel gesto e per lei, così pensai a qualcosa di opportuno da dire e sparai: “Ah, auguri signora! Allora l’anno prossimo sono cinquanta!”.

Avevo fatto la grande gaffe, davanti ad una persona ben consapevole che alla sua età questo tipo di sicurezze sono molto fragili, ma lei abbassa giusto un po’ lo sguardo e dice con voce bassissima “Eh, speriamo….”, evidentemente un po’ imbarazzata.

Quando sono andato via ho messo quei soldi nel portafoglio e ho riflettuto non poco su questo gesto, ma mi era chiara la grande dinamica del dono: quando uno è grato per ciò che ha ricevuto, dona, proprio per ringraziare. Anche ad uno sconosciuto, come me in quel caso. Anche ad un barbone.

In precedenza lo avevo già intuito: ci fu un Natale in cui mi ero un po’ innamorato di una ragazza con cui non sono mai stato, ma con cui avevo buone possibilità, e mentre stavamo insieme, in via Sparano, c’era un uomo che suonava con la fisarmonica dei pezzi molto belli che, in quell’atmosfera, rendevano il tutto perfetto.

In quell’istante ebbi il desiderio di lasciargli dei soldi nel cestino che aveva predisposto: ero così felice, così grato, che volevo donare, anche se nemmeno lo conoscevo, anche se lui avrebbe suonato a prescindere. Non lo feci perché è giusto e bisogna aiutare i poveri, o perché me lo imponeva una legge, ma perché lo desideravo io. Mi sentivo libero verso tutto, perciò anche verso il denaro, e così è tutta un’altra storia.

Ed è proprio questo che sarà successo a quella signora, e non durante i suoi primi appuntamenti, ma a quarantanove anni da quella promessa: quindi vale molto di più.

Stamattina, insomma, sono stato a casa della stessa signora, che nel frattempo è diventata una cliente abituale. Oggi, oltre alla gazzetta, ha voluto anche la settimana enigmistica e due copie di Famiglia Cristiana che in copertina parla dell’anno della fede. Il conto totale era di sei euro e ottanta, ma la signora mi dice di prendermi un caffè con il resto della sua dieci. Le faccio notare che il resto è più di tre euro e che dovrei darglielo, ma lei insiste comunque, e con lo stesso sorriso.

Sono convinto che anche stavolta era, per qualcosa, più grata del solito.

Vangelo

C’è un passo del Vangelo secondo Luca (Lc 17.11-19) che parla di gratitudine:

Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samaria e la Galilea.
Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati.
Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano.
Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».

Il Santo Padre lo ha commentato così nell’Udienza generale del 30 dicembre 2020:

Questo racconto, per così dire, divide il mondo in due: chi non ringrazia e chi ringrazia; chi prende tutto come gli fosse dovuto, e chi accoglie tutto come dono, come grazia. Il Catechismo scrive: «Ogni avvenimento e ogni necessità può diventare motivo di ringraziamento» (n. 2638). La preghiera di ringraziamento comincia sempre da qui: dal riconoscersi preceduti dalla grazia. Siamo stati pensati prima che imparassimo a pensare; siamo stati amati prima che imparassimo ad amare; siamo stati desiderati prima che nel nostro cuore spuntasse un desiderio. Se guardiamo la vita così, allora il “grazie” diventa il motivo conduttore delle nostre giornate. Tante volte dimentichiamo pure di dire “grazie”.

La gratitudine oggi

Oggi sembra che non siamo più grati per ciò che abbiamo, perché non ne ri-conosciamo più il valore. Ad un atteggiamento di grazia e umiltà si è sostituito uno di pretesa: riteniamo piuttosto di meritare, di avere diritto, e perciò c’è poco di cui ringraziare.

In altri tempi, quando ci si fermava per una preghiera, prima di mangiare, si era grati per il cibo ricevuto in dono, non dandolo per scontato, ad esempio.

Il senso di gratitudine deriva da una conoscenza più profonda delle cose.

La riduzione psico-logica

Recentemente la psicologia positiva ha ampliato la ricerca sull’importanza della gratitudine, in gran parte guidata dal ricercatore Robert Emmons. Questo autore ha scritto diversi articoli sulla psicologia della gratitudine, dimostrando che essere più grati può portare ad un aumento dei livelli di benessere (Emmons & Crumpler, 2000).

Va premesso, però, che studi in ambito psicologico siano in generale da prendere con le pinze perché rischiano di ridurre la realtà ai soli fattori misurabili e dimostrabili tramite dei meri “esercizi”, limitati per giunta dall’esperienza degli osservatori e dalla cultura in cui sono inseriti.

Va premesso anche che le conclusioni psico-logiche possono essere percepite come riduttive rispetto ad una realtà immensa e struggente, tendendo a renderla meccanica e semplicistica, rischiando di snaturare proprio il vero significato della gratitudine che non è frutto di un “calcolo”, ma di un “far accadere” bellezza e amore.

Studi e ricerche sulla gratitudine

Ecco una panoramica di alcuni recenti risultati psicologici relativi allo studio della gratitudine, estrapolati dall’approfondimento pubblicato dalla Clinica della timidezza:

  1. Benessere migliorato
    Imparare a ringraziare gli altri può migliorare il proprio senso generale di benessere. Le persone riconoscenti sono più gradevoli, più aperte e meno nevrotiche (McCullough et al., 2002; McCullough, Tsang, & Emmons, 2004; Wood, Maltby, Gillett, Linley e Joseph, 2008; Wood, Maltby, Stewart, Linley et al., 2008). Inoltre, la gratitudine è correlata inversamente alla depressione e positivamente alla soddisfazione verso la vita (Wood, Joseph e Maltby, 2008).
  2. Coppie con legami più profondi
    La gratitudine è anche un potente strumento per rafforzare le relazioni interpersonali. Le persone che si esprimono gratitudine l’un l’altra tendono ad essere più disposte a perdonarsi e ad essere meno narcisiste (DeShea, 2003; Farwell & Wohlwend-Lloyd, 1998).
  3. Ottimismo migliorato
    Il dott. Emmons e il dott. McCullough hanno condotto uno studio nel 2003 esplorando l’impatto della pratica della gratitudine. La loro ricerca, durata dieci settimane, ha dimostrato che le persone che si sono concentrate sulla gratitudine erano più ottimiste in molte aree della loro vita, tra cui la salute e l’esercizio fisico.
  4. Felicità
    Toepfer, Cichy e Peters (2011) hanno condotto uno studio chiedendo alle persone di scrivere e consegnare una lettera a qualcuno a cui erano grati. Dopo questo compito, i loro livelli di felicità e soddisfazione verso la vita erano drasticamente aumentati, rimanendo tali per molto tempo ancora.
  5. Maggiore autocontrollo
    Uno studio di DeSteno et al. nel 2014 ha scoperto che l’autocontrollo aumenta significativamente quando i soggetti scelgono la gratitudine o la neutralità. Questi atteggiamenti portano a un maggiore autocontrollo (riduzione dello shopping compulsivo, dell’obesità o del fumo).
  6. Migliore salute fisica e mentale
    Ricerche condotte nel 2015 hanno mostrato che i pazienti con insufficienza cardiaca che avevano completato esercizi di gratitudine mostravano una riduzione dell’infiammazione, un sonno migliore e stati d’animo migliori; ciò ha ridotto i sintomi dell’insufficienza cardiaca dopo solo 8 settimane.
  7. Una vita migliore
    Negli ultimi due decenni, le prove a sostegno dei benefici della gratitudine sono molto aumentate. Gli adulti che praticano la via della gratitudine hanno più relazioni sociali, più felicità, meno depressione, invidia e avidità. La gratitudine riduce inoltre i livelli di stress (Krause, 2006) di depressione e di ansia (Kashdan e Breen, 2007).

Secondo lo psicoterapeuta Dr. Walter La Gatta:

La sensazione di avere valore per gli altri aiuta le persone a superare quei fattori che spesso le inibiscono quando debbono prestare aiuto. Spesso si teme che il proprio aiuto non sia utile o desiderato e si teme il rifiuto o il fallimento. La gratitudine ricevuta rassicura dunque sul fatto che l‘altro attribuisce valore al proprio aiuto e, così facendo, motiva ad offrirne di più.

L’effetto di un ringraziamento per un comportamento generoso è anche più potente fra persone che non si conoscono, perché gli estranei sono più cauti nell’aiutarsi a vicenda.

La gratitudine è molto più che una forma di cortesia perché è un modo per far sentire meglio chi ha concesso aiuto, perché si sente rassicurato sul valore che gli altri attribuiscono al proprio gesto, sul fatto che esso sia stato effettivamente apprezzato. La gratitudine ricevuta incoraggia la messa in atto di ulteriori comportamenti di generosità, migliorando le relazioni interpersonali, sia fra estranei, sia tra amici e parenti.

Limitatezza psico-logica e immensità dell’esperienza

Anche se la psicologia giunge ugualmente a conclusioni positive, per sua natura lo fa in un modo parecchio riduttivo.

Dopo aver letto uno “studio”, trai come conclusione che devi mettere in atto comportamenti di gratitudine per stare meglio, come avviene con gli esercizi utilizzati nelle ricerche accademiche, ma questa sarebbe – appunto – una versione quasi caricaturale.

Difatti in psicologia ci si limita a capire che se sei grato “stai meglio”, ma non si arriva a capire che la gratitudine deriva dal dono di amare ed essere amati.

Il problema della psicologica è che parte da una mancanza (non so e cerco di analizzare), mentre chi racconta un’esperienza parte da una pienezza (so, ho visto e te lo testimonio).

Forse anche tu, caro lettore, avrai percepito meglio il valore della gratitudine con quella semplice storia.

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