“Il Vangelo secondo Matteo” di Pasolini: il miglior film sulla vita di Gesù.

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L’Osservatore romano ha definito Il Vangelo secondo Matteo di Pasolini il miglior film sulla vita di Gesù mai girato. Monsignor Zuppi ha dichiarato che è il film più bello sul Vangelo proprio perché c’è soltanto il Vangelo ed è straordinariamente ricco proprio per questo.

Il film difatti è una riproposizione fedele della storia: dall’annunciazione a Maria alla Resurrezione. Uscito nel 1964, fu dedicato da Pasolini alla memoria dell’appena scomparso Papa Giovanni (1963).

Come nasce l’idea del film?

Pasolini l’ha spiegato con la sua voce:

«Nel ’62 mi trovavo ad Assisi, proprio il giorno in cui ad Assisi è arrivato inopinatamente Giovanni XXIII, il che, tra le altre bellissime cose di quella sortita del Papa, ha causato un blocco definitivo del traffico della cittadina e questo mi ha costretto a stare in casa, nella Pro Civitate Christiana di Assisi. Bloccato in camera, non avevo altro da fare, prendo un piccolo Vangelo che stava sul tavolino e ho letto, ho cominciato da Matteo perché era il primo ed è lì che è avvenuto il trauma. Poi ho riletto anche gli altri Vangeli, ma il trauma, l’idea del film, mi è nata in Matteo. Sono rimasto fedele a questa prima ispirazione.»

Lettera a Lucio Caruso

In una lettera inviata a Lucio Caruso della Pro Civitate Christiana, subito dopo il suo soggiorno ad Assisi, ha scritto:

Caro Caruso,
vorrei spiegarle meglio per scritto, quello che le ho confusamente confidato a voce. La prima volta che sono venuto da voi a Assisi, mi sono trovato accanto al capezzale il Vangelo: vostro delizioso-diabolico calcolo! E infatti tutto è andato come doveva andare: l’ho riletto – dopo circa vent’anni (era il quaranta, il quarantuno, quando, ragazzo, l’ho letto per la prima volta: e ne è nato L’Usignolo della Chiesa Cattolica, – poi l’ho letto soltanto saltuariamente, un passo in qua, un passo là, come succede…).

Da voi, quel giorno, l’ho letto tutto di seguito, come un romanzo. E, nell’esaltazione della lettura – lei lo sa, è la più esaltante che si possa fare! – mi è venuta, tra l’altro, l’idea di farne un film. Un’idea che da principio mi è sembrata utopistica e sterile, “esaltata”, appunto. E invece no. Col passare dei giorni e poi delle settimane, questa idea si è fatta sempre più prepotente e esclusiva: ha cacciato nell’ombra tutte le altre idee di lavoro che avevo nella testa, le ha debilitate, devitalizzate. Ed è rimasta solo lei, viva e rigogliosa in mezzo a me.

Solo dopo due o tre mesi, quando ormai l’avevo elaborata – e mi era diventata del tutto familiare – l’ho confidata al mio produttore: ed egli ha accettato di fare questo film così difficile e rischioso, per me – e per lui.

Ora, ho bisogno dell’aiuto vostro: di Don Giovanni, Suo, dei suoi colleghi. Un appoggio tecnico, filologico, ma anche un appoggio ideale. Le chiederei insomma (e, attraverso lei, con cui ho maggiore confidenza, alla “Pro Civitate Christiana”) di aiutarmi nel lavoro di preparazione del film, prima, e poi di assistermi durante la regia.

La mia idea è questa: seguire punto per punto il “Vangelo secondo San Matteo”, senza farne una sceneggiatura o una riduzione. Tradurlo fedelmente in immagini, seguendone senza una omissione o un’aggiunta il racconto. Anche i dialoghi dovrebbero essere rigorosamente quelli di San Matteo, senza nemmeno una frase di spiegazione o raccordo: perché nessuna immagine o nessuna parola inserita potrà mai essere all’altezza poetica del testo. È questa altezza poetica che così ansiosamente mi ispira. Ed è un’opera di poesia che io voglio fare. Non un’opera religiosa nel senso corrente del termine, né un’opera in qualche modo ideologica.

In parole molto semplici e povere: io non credo che Cristo sia figlio di Dio, perché non sono credente – almeno nella coscienza. Ma credo che Cristo sia divino: credo cioè che in lui l’umanità sia così alta, rigorosa, ideale da andare al di là dei comuni termini dell’umanità. Per questo dico “poesia”: strumento irrazionale per esprimere questo mio sentimento irrazionale per Cristo.

Vorrei che il mio film potesse essere proiettato nel giorno di Pasqua in tutti i cinema parrocchiali d’Italia e del mondo. Ecco perché ho bisogno della vostra assistenza e del vostro appoggio. Vorrei che le mie esigenze espressive, la mia ispirazione poetica, non contraddicessero mai la vostra sensibilità di credenti. Perché altrimenti non raggiungerei il mio scopo di riproporre a tutti una vita che è modello – sia pure irraggiungibile – per tutti.

Spero tanto che abbiate fiducia in me.
Le stringo la mano, affettuosamente, suo Pier Paolo Pasolini.

Dalla lettera ad Alfredo Bini

Pasolini era colpito dal Vangelo. In una lettera ad Alfredo Bini del giugno 1963 ha scritto:

«Per me la bellezza è sempre una “bellezza morale”; ma questa bellezza giunge sempre a noi mediata: attraverso la poesia, o la filosofia, o la pratica; il solo caso di “bellezza morale” non mediata, ma immediata, allo stato puro, io l’ho sperimentato nel Vangelo»

Dove è stato girato

Per individuare il luogo dove girare il film, Pasolini compì un viaggio in Terrasanta, accompagnato da don Andrea Carraro della Pro Civitate Christiana di Assisi. Tuttavia non riuscirono a trovare dei luoghi intatti, così come dovevano essere all’epoca del Cristo.

Allora Pasolini decise di ricostruire i luoghi del Vangelo nel sud dell’Italia: Puglia, Lazio e Calabria divennero i luoghi della Galilea e la Palestina fu rappresentata in Basilicata, tra i sassi di Matera e con i suoi abitanti. Il regista ha utilizzato attori non professionisti e comparse scelte tra la locale popolazione contadina.

Intervista con Enzo Biagi

Pasolini non era cattolico, ma era attratto dalla figura di Gesù Cristo. Intervistato da Enzo Biagi, alla domanda “Come mai un marxista come lei trae molto spesso ispirazione dai soggetti che escono dal Vangelo, dalle testimonianze dei seguaci di Cristo?”, rispose:

Torniamo sempre a quel mio vivere in maniera molto interiore le cose. Evidentemente il mio sguardo verso le cose del mondo, verso gli oggetti, è uno sguardo non naturale, non laico, vedo sempre le cose come un po’ miracolose. Ogni oggetto per me è miracoloso. Ho una visione, in maniera sempre informe, diciamo così, non confessionale, in un certo qual modo religiosa del mondo. Ecco perché investo questo mio modo di vedere le cose anche nelle mie opere. […] Per me il Vangelo è una grandissima opera intellettuale, una grandissima opera di pensiero, che non consola, che riempie, integra, rigenera, mette in moto i propri pensieri.

Pasolini dichiarò ancora, per giustificare la sua scelta:

Non ho dentro di me le resistenze interne contro la religione che inibiscono un marxista. Ho potuto farlo così il film, come l’ho fatto, perché mi sento libero e non ho paura di scandalizzare nessuno. E infine perché sento che la parola “amore” di cui è stato campione Giovanni XXIII va considerata come un impegno nella nostra lotta.

Un film che non vuole divertire, ma convertire

Il Vangelo secondo Matteo tutto voleva fare tranne che quella cosa a cui mirano soprattutto i film hollywoodiani: intrattenere, divertire. Voleva fare il contrario di in-trattenere (trattenere dentro). Lui voleva “portare fuori”. Non voleva divertire, voleva convertire. Una grandissima forza delle immagini, delle musiche, dei volti, delle scene, che si presentano come dei colpi di piccozza rispetto al ghiaccio della mente di ciascuno di noi.

Guarda il film

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