Da “Prima donne e bambini” a “si salvi chi può”: i numeri del Titanic

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Potremmo dire, in maniera così un po’ provocatoria ma costruttiva, che in quella cultura ritenuta maschilista, patriarcale, brutta e cattiva, l’uomo era pronto a perdere la propria vita per salvare quella della donna.

Lo psicologo Ezio Aceti, nel suo libro “Il linguaggio del corpo”, al capitolo 9, scrive quanto segue.

Prima le donne e i bambini!

Un tempo le reazioni erano diverse. Quando, tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, erano frequenti i naufragi di grandi transatlantici, era facile in quei frangenti sentire dal comandante della nave e da altri passeggeri il grido: “Prima le donne e i bambini!” (le scialuppe spesso erano insufficienti). Un grido che rivela un preciso ordine di priorità, una definita scala d’interessi (o valori).

Ma c’è stata un’evoluzione: con gli anni i grandi naufragi continuavano, sia pure in minor numero, ma il grido cambiò radicalmente e divenne: “Si salvi chi può!”. Grido non meno rivelatore, ma di un sistema di vita opposto.

Un libro come questo può solo aiutare a fare la scelta, facendo massima chiarezza sui connotati dei due massimi sistemi, così utilmente riassunti da Freud nell’Io-piacere e nell’Io-realtà, rispettivamente.

Egli spiega che ciò è dovuto ad una profonda trasformazione dell’Io-realtà che si riduce ad essere un Io-piacere. Consiglio di approfondire l’argomento in questo articolo o tramite la lettura del suo libro, ma in questa sede andremo ad analizzare quello che è accaduto durante il più famoso naufragio: il Titanic.

Perché analizzare il Titanic?

Perché è uno dei migliori modi che abbiamo per conoscere la realtà sociale dell’epoca, andando oltre pregiudizi e ideologie e guardando i fatti quando sono inevitabilmente sinceri.

Perché sinceri? Durante una situazione difficile, ancor di più nel pieno di una tragedia, non puoi che vedere le persone comportarsi per ciò che realmente sono. Se tu fingessi di amare, potresti farlo solo in circostanze agiate, ma la bugia verrebbe smascherata in situazioni complesse, quando c’è da dimostrarlo con dei sacrifici. Se la regola del “Prima donne e bambini” fosse stata solo un principio di facciata, non sarebbe stata mai applicata in circostanze in cui la sua esecuzione coincide con la morte di chi la esegue.

I numeri del Titanic

Se salivi sul Titanic ed eri un uomo, la probabilità di morire era del 80,38%. Se eri una donna, la stessa probabilità scendeva al 29,57%.

I bambini erano pochi a bordo e la loro incidenza non è statisticamente rilevante, per questo i dati sono accorpati a quelli delle donne.

Come possiamo immaginare, se gli uomini non avessero adottato questo comportamento, la cultura del “si salvi chi può” sarebbe andata a privilegiare proprio i maschi in virtù della loro maggior forza e resistenza fisica.

Divisione per classi ed equipaggio

Nonostante le ingiuste differenze tra classi, il principio “Prima donne e bambini” è rimasto valido a prescindere. Una donna di terza classe ha avuto più possibilità di salvarsi rispetto ad un uomo di prima classe.

La maggior parte degli uomini sul Titanic ha collaborato, sacrificando la propria vita, affinché la propria donna ottenesse il suo posto sulla scialuppa. Un fatto che fa eco al titolo del libro di Costanza Miriano: “Sposala e muori per lei”.

La stessa dinamica viene rappresentata nel famoso film Titanic con Leonardo Di Caprio, non solo nelle operazioni di salvataggio, ma anche nel finale, quando Jack, perché innamorato, offre la sua vita per salvare quella di Rose.

Da sottolineare anche il grande sacrificio compiuto dagli uomini dell’equipaggio, dove il 76,20% degli uomini ha perso la propria vita, tra cui anche il capitano della nave Edward Smith.

Può essere interessante anche riflettere sulla differenza di comportamento tra quest’ultimo (1912) e il “moderno” comandante Schettino (2012). Com’è cambiato l’uomo a distanza di 100 anni.

Donna protagonista

Su quella nave sono saliti più uomini che donne, non in 1ª e 2ª classe (dove la differenza è quasi irrilevante), bensì in 3ª classe (486 vs 224) e ancor di più tra l’equipaggio che era quasi totalmente maschile (876 vs 23). Un’ingiustizia di genere, sentenzierebbe qualche polemista dei nostri tempi.

Tanti uomini, nelle categorie che riguardavano i più umili e poveri, si sono avventurati su quella nave lasciando a casa la propria moglie ad occuparsi dei figli e della casa.

Il lavoro dell’equipaggio di una nave nel 1912 era prevalentemente manuale e faticoso, più adatto alle caratteristiche di un uomo, ma la donna nel suo ruolo non era meno importante, anzi, lo era anche di più considerando i dati che abbiamo appena visto.

Come scrisse Pasolini, nella sua recensione del libro di Sandro Penna “Un po’ di febbre”:

È vero che le donne erano ingiustamente tenute in disparte dalla vita, e non solo da giovinette. Ma erano tenute in disparte, ingiustamente, anche loro, come i ragazzi e i poveri. Era la loro grazia e la loro umile volontà di attenersi a un ideale antico e giusto, che le faceva rientrare nel mondo, da protagoniste. Perché cosa aspettavano, quei ragazzi un po’ rozzi, ma retti e gentili, se non il momento di amare una donna? La loro attesa era lunga quanto l’adolescenza – malgrado qualche eccezione ch’era una meravigliosa colpa – ma essi sapevano aspettare con virile pazienza: e quando il loro momento veniva, essi erano maturi, e divenivano giovani amanti o sposi con tutta la luminosa forza di una lunga castità, riempita dalle fedeli amicizie coi loro compagni.

Essere “protagonisti” non vuol dire fare questa anziché quell’altra cosa, avere più o meno potere secondo le logiche borghesi e capitaliste, che non erano le logiche né delle donne né degli uomini di altre culture.

Sì è protagonisti quando si è amati. Questa è la vera inclusione, la vera emancipazione. Qui si realizza la vera uguaglianza nella dignità. Non nel potere. Non nelle formalità. Ma nella sostanza di chi ti ama fino a dare la sua vita per te.

Origine

Il primo uso documentato dell’espressione “Prima donne e bambini” riguarda il naufragio del HMS Birkenhead nel 1852.

La pratica nacque dal cavalleresco comportamento tenuto dai soldati durante il naufragio, che fu immortalato sui giornali e dipinti del tempo e in poesie come Soldier an’ Sailor Too di Rudyard Kipling.

Il comandante ordinò infatti alle donne e ai bambini a bordo (20 in tutto) di salire sull’unica lancia di salvataggio disponibile, salvandoli, mentre gli uomini rimasero sul ponte di coperta fino alla completa sommersione della nave.

Solo circa il 25% degli uomini sopravvisse al naufragio, tra cui nessuno degli ufficiali.

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